Addio a Franco Zeffirelli. IL regista si è spento a 96 anni. Una vita spesa per l'arte e la bellezza

di redazione 15/06/2019 CULTURA E SOCIETÀ
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E' morto Franco Zeffirelli. Il regista aveva 96 anni.

"Non avrei mai voluto che arrivasse questo giorno. Franco #Zeffirelli se ne è andato questa mattina. Uno dei più grandi uomini della cultura mondiale. Ci uniamo al dolore dei suoi cari. Addio caro Maestro, Firenze non ti dimenticherà mai" scrive il sindaco Dario Nardella su twitter. 

Franco Zeffirelli, all'anagrafe Gian Franco Corsi Zeffirelli, è morto stamani nella sua casa di Roma, sull'Appia Antica, assistito dai figli adottivi Pippo e Luciano, da un medico e dal parroco della chiesa di San Tarcisio che ha benedetto la salma. Circa una settimana fa, secondo quanto si apprende dalla famiglia, aveva ricevuto l'estrema unzione. "Si è spento serenamente - riferiscono i familiari - dopo una lunga malattia, peggiorata negli ultimi mesi". Il maestro Zeffirelli, dopo i funerali di cui stabilire ancora luogo e data, riposerà nel cimitero monumentale delle Porte Sante di Firenze, città dove era nato il 12 febbraio 1923. La camera ardente sarà allestita in Campidoglio a Roma. 
Una vita da record tra teatro e cinema

 "Ciao Maestro. E' stato un onore averti conosciuto e aver condiviso con te il sogno del tuo Centro internazionale per le Arti dello Spettacolo a San Firenze". Lo ha detto il sindaco di Firenze Dario Nardella, appresa la notizia della morte del celebre regista Franco Zeffirelli, nell'esprimere il suo cordoglio per la morte del maestro. "Franco Zeffirelli - ha ricordato Nardella - ha sempre amato visceralmente la sua città, anche se da anni gli impegni lavorativi e la fama internazionale lo avevano portato altrove. E proprio qui, nell'ex tribunale di San Firenze, aveva fortemente voluto il Centro che raccoglie la sua eredità professionale, un centro dedicato all'immane materiale raccolto nei decenni di successi nel cinema, scenografia, teatro, lirica". "Zeffirelli - ha continuato Nardella - voleva che il centro diventasse anche un punto di riferimento per i giovani che vogliono intraprendere la strada dello spettacolo.

Lunedì mattina nel Salone dei Cinquecento in Palazzo Vecchio sarà allestita la camera ardente per il Maestro Zeffirelli. Tutto il mondo potrà salutarlo nella sua Firenze". Lo annuncia su twitter il sindaco di Firenze Dario Nardella. Secondo quanto si apprende dalla Fondazione Zeffirelli, i familiari del Maestro hanno cambiato idea e deciso di spostare la camera ardente, inizialmente prevista in Campidoglio a Roma, in Palazzo Vecchio.

 A Firenze oltre al suo archivio, il centro accoglie un museo, una biblioteca, corsi di regia, sceneggiatura, scenografia, fotografia, costume, recitazione. Questo spazio è il coronamento di un sogno e un bellissimo regalo per la sua, la nostra città".

"Di Zeffirelli mi piace ricordare il carattere forte e verace, la passione instancabile per il lavoro e per la sua città, dove tornava appena poteva e dove, per suo volere, sarà sepolto: questo amore, contraccambiato, per Firenze, trovò come suo apice la consegna del Fiorino d'oro da parte del sindaco Matteo Renzi il 31 maggio 2013". "In accordo con la famiglia, alla quale vanno le più commosse condoglianze mie personali e dell'amministrazione - ha concluso il sindaco - troveremo insieme un modo di altissimo significato per ricordare il Maestro, uno più grandi esponenti della cultura mondiale".

Dal teatro al cinema sul set di due grandi opposti Fu Luchino Visconti ad avvicinarlo al cinema portandolo sul set di due film, La terra trema e Senso, "una sorta di università del cinema" la definirà poi Zeffirelli. Insieme a Francesco Rosi ne fu aiuto regista. Negli anni Cinquanta curò la regia di numerose opere teatrali (molto Shakespeare), mentre al cinema come autore finì per debuttare nel 1957 con la commedia giovanile Camping, un titolo che con il passare degli anni Zeffirelli finì per disconoscere. Per gli anni Cinquanta e quasi tutti i Sessanta si dedicò completamente al teatro mettendo in scena La Cenerentola di Rossini e L'elisir d'amore di Donizzetti per La Scala, iniziando poi a lavorare all'estero al Covent Garden di Londra, al King's Theater di Edimburgo.


Shakespeare in sala. Alla fine degli anni Sessanta si impose nel panorama cinematografico internazionale con due trasposizioni per il grande schermo di opere di Shakespeare: La bisbetica domata (1967) con Elizabeth Taylor e Richard Burton e Romeo e Giulietta (1968) con gli abiti di Danilo Donati e la fotografia di Peppino De Santis, premiati con l'Oscar. Il film del '67 fu girato negli studi romani Dinocittà di Dino De Laurentiis e fu un grande successo di botteghino soprattutto negli Stati Uniti. Per interpretare la coppia shakespeariana Zeffirelli avrebbe voluto Loren e Mastroianni, ma infine fu contento della chimica della coppia esplosiva americana che ricordava così: "Una fatalità li aveva uniti: lei era la stella, lui portava la cultura. Stare con loro sul set fu un grande divertimento per tutti perché riuscimmo a smontare il meccanismo dei capricci, se facevano qualcosa per sbalordire la troupe noi reagivamo ridendo invece che prendendocela". Romeo e Giulietta, versione per il grande schermo della messinscena teatrale di Zeffirelli per l'Old Vic di Londra, segnò la prima versione cinematografica in cui gli attori principali erano molto vicini all'età dei personaggi originali; durante le riprese Leonard Whiting (Romeo) aveva diciassette anni, Olivia Hussey (Giulietta) sedici. Tra i titoli più amati di Zeffirelli, il film fu un enorme successo di pubblico in tutto il mondo (quasi 40 milioni di dollari d'incasso nei soli Stati Uniti). Uscito nell'anno delle rivolte studentesche il film, nonostante la sontuosa veste estetica, racconta molto del tempo in cui fu girato in particolare per quel che riguarda la lotta fra il mondo giovanile e quello adulto che vorrebbe imbrigliare i due amanti in obblighi familiari e convenzioni. Una sequenza d'amore in cui viene svelato il seno nudo della giovane Giulietta fece scandalo e fu condannata dalla censura tanto che in Inghilterra persino la protagonista non potè entrare in sala a vedere il suo stesso film poiché non aveva la maggiore età.

Era appena diplomato all’Accademia di Belle Arti quando il principe milanese lo volle per allestire le scene teatrali di Troilo e Cressida e poi lo chiamò, come assistente, sul set di La terra trema. Cominciava così un sodalizio vitale, burrascoso e fecondo che coinvolse gli affetti di Zeffirelli, la sua formazione estetica, la sua carriera. Senza Visconti, probabilmente il giovane orfano (il padre non lo aveva riconosciuto, la madre mori’ quando era bambino) non avrebbe calcato i palcoscenici più famosi, non sarebbe diventato amico e confidente di stelle come Maria Callas o Richard Burton, non avrebbe potuto debuttare dietro la cinepresa già nel ’57 (con Camping) dopo un tirocinio che lo aveva affiancato a Francesco Rosi nella lavorazione di Senso (1954).

Eppure quella cavalcata folgorante e fortunata fu anche il segno critico che per molti anni non avrebbe abbandonato l’immagine di Zeffirelli, fino a diventare un vanto e una maledizione: lo hanno descritto come un calligrafo, un esteta, uno scenografo vestito da regista. E invece onestà vuole che si ricordi il suo vibrante documentario sull’alluvione di Firenze (1966) con la voce narrante proprio di Burton e poi una coppia di successi spettacolari come La bisbetica domata (che nel ’67 riunì Burton e Liz Taylor) e Romeo e Giulietta (1968). Il nume tutelare era la penna di William Shakespeare, sua la lingua che aprì al regista italiano le porte della fama internazionale, tutti italiani il gusto e la cultura che rivitalizzavano le due grandi tragedie elisabettiane. Quattro anni dopo l’operazione si ripete nel nome di San Francesco con Fratello sole, sorella luna (1972). Ormai Zeffirelli è una star, eppure un pregiudizio negativo lo accompagnerà sempre per il suo gusto anticonformista di smarcarsi costantemente dalle correnti del pensiero dominante.
Polemico, feroce nei giudizi, scoperto nelle fragilità personali (compresa un’omosessualità vissuta senza clamori, ma senza compromessi), orgogliosamente fazioso, dalla politica allo sport, Zeffirelli si riterrà a lungo uno straniero in Italia. L’altra sua anima è quella cattolica, che trova le radici nel magistero di Giorgio La Pira, carismatica figura della fede in politica che fu suo istitutore al convento di San Marco. Non è certo uno sperimentatore Zeffirelli, eppure proprio nel ’74 si cimenta con la tv filmando la cerimonia dell’Anno Santo e poi, due anni dopo, firma per la Rai, il kolossal Gesù con Robert Powell nei panni del Cristo. Ma appena può si rifugia in teatro, dimostrandosi insuperabile come custode dell’allestimento classico per l’opera lirica. La sua Aida verdiana farà storia, ripetutamente verrà chiamato ad aprire la stagione della Scala. È come se questo secondo amore assorbisse tutte le sue energie da quel punto in poi. Non abbandona il cinema, ma sono rari i titoli successivi capaci di fare storia, dal contestato Il giovane Toscanini a un modernissimo Amleto che meriterebbe rivisitazione critica. Dagli Anni 90 la sua firma si fa più rada. Nel ’94 entra in Parlamento, eletto senatore a Catania nelle liste di Forza Italia, confermandosi due anni più tardi. Anche nella cultura liberale il suo anticonformismo disturba più d’uno e le sue proposte per la cultura e per l’ambiente non hanno seguito. 

I riconoscimenti che scandiscono la sua carriera sono relativamente pochi rispetto al grande successo conquistato: c’è da riflettere sul fatto che nessun grande festival, neppure l’Oscar abbia voluto riconoscere il suo indubbio talento. Da qualche anno si era rinchiuso in un quieto silenzio, circondato dall’affetto di pochi amici e dei suoi cani nella bella casa romana e nella villa sulla costiera amalfitana. Ha sempre sognato uno spettacolo al servizio di grandi interpreti, di grandi spazi, di lussuose confezioni. Ha immaginato una cultura italiana ancora rinascimentale, intrisa di gusto antico e di eleganti riferimenti al passato. Ha voluto un’Italia dell’arte e del bello capace di conquistare ancora il mondo, e più di una volta ci è riuscito, pagando però il prezzo dell’isolamento e di un “passatismo” scambiato spesso per arroganza aristocratica. La sua visione del mondo e di se stesso è affidata alla bella autobiografia del 2008. Giovane bellissimo, poi dandy raffinato ed elegante, infine gentiluomo anziano e solitario, Zeffirelli resta un testimone isolato di una civiltà ormai scomparsa.


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